L’idealismo di un fiduciario

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Luigi Ambrosetti è stato il mio maestro, il mio mentore. Il mio debito verso di lui è impagabile. Non voglio dire che da lui ho imparato proprio tutto – qualcosa di mio nella mia vita ce l’ho messo – ma ho certamente imparato tanto.

Luigi era un uomo generoso di carattere e mai avaro di consigli.

Negli anni durante i quali ho lavorato per la XYZ di Ambrosetti, lui ha sempre arricchito le giornate con avvertimenti, complimenti, utili critiche e fantastici anedotti.

Ambrosetti era una grande cantastorie. Se lo avesse scritto lui, questo diario sarebbe molto più divertente.

Non credo che lui abbia mai dubitato che, prima o poi, mi sarei staccato dalla XYZ per fondare la mia fiduciaria.

Essere in sua presenza era come essere di fronte ad un grande atleta. Faceva cose che pochi sarebbero riusciti ad emulare e lo faceva pure sembrare facile.

Tra le tante cose che mi ha insegnato, dire che, senza dubbio, la lezione piu’ importante, la frase che lui continuava a ripetere, quella che mi è entrata fermamente in testa é questa: “Marco: l’idealismo non porta a casa la pagnotta.”

Quando Ambrosetti parlava di idealismo, non alludeva a grandi concetti. Non pensava alla pace nel mondo o al riscaldamente globale. Non faceva politica mettendo a confronto capitalismo e comunismo. Certamente il suo idealismo non aveva nulla di spirituale e non aveva nulla a che fare con l’eterna lotta tra il bene ed il male. Non era certamente un tipo che avrebbe fatto un viaggio in India per consultare un qualche guru locale. La sua massima spiritualità si manifestava nei giri di ristoranti sull’Appennino tosco emiliano.

Il suo idealismo era pratico. Per lui idealismo voleva dire investire i soldi dei clienti in qualcosa che rendesse loro qualcosa di decente a scapito del profitto della XYZ. L’idealismo era controproducente.

Il suo obiettivo era questo: la XYZ deve fare un bel grosso profitto. Tutto il resto era secondario.

Mi ha sempre trovato d’accordo.

© I Soldi Degli Altri

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