La mia fiduciaria

Se il pezzo che segue dovesse piacerti, per favore spargi la voce.

Ho iniziato la mia attività di fiduciario lavorando per altri. Nei primi anni, subito dopo la laurea in Bocconi, ho cambiato posto un due o tre volte. Facevo bassa manovalanza.

Poi Luigi Ambrosetti mi ha assunto. La via vita è cambiata. Ho trovato un amico ed un insegnante. Ambrosetti, come tutti, ha pregi e difetti. Ho imparato da entrambi.

Due sono le cose principali che ho imparato da lui:

1. Mai, ma proprio mai, trombarsi le proprie segretarie.

2. Conquistati la fiducia dei tuoi clienti.

Lavorando per lui, di clienti miei dal quale conquistare la fiducia non ne avevo. Quindi mi sono concentrato sui clienti di Ambrosetti, ho conquistato la fiducia di una ventina di loro, li ho portati via ad Ambrosetti e ho fondato la mia fiduciaria.

Così è la vita.

Ad onore del vero, Ambrosetti non se l’è nemmeno poi presa tanto. Un po’ di incazzatura nei primi mesi, ma gli è passata.

Ambrosetti é e rimane un gentiluomo.

L’ufficio l’ho aperto in centro a Lugano, proprio di fronte a parco Ciani.

La finestra del mio ufficio dà direttamente sul parco. In una giornata di sole in primavera, quando cominciano ad apparire i primi fiori e sulle cime più alte c’è ancora la neve, la vista del lago è veramente spettacolare. Dovreste venirmi a trovare.

Se il tempo è abbastanza caldo e ci conosciamo già da un po’, porto i miei clienti nel parco a chiacchierare. Se hanno dei bambini con loro pago il gelato e li porto verso il fiume dove ci sono i giochi e le giostre. Si tratta di creare la giusta atmosfera. Aiuta a mantenere il flusso di denaro fluido.

Direi che il sistema funziona. Tra una passeggiata al parco e l’altra la Spizzi SA è riuscita a raccogliere più o meno 800 milioni di euro.

A dirlo così, ottocento milioni di euro dà tutta l’apparenza di essere un numero grande ed importante.

Non lo è.

La Spizzi Sa è un’azienda molto piccola. Non facciamo notizia. Nessuno ci chiede opinioni sul mercato o ci vuole intervistare.

Siamo anonimi: una delle tante fiduciarie svizzere.

Indistinguibile dalle altre: una foglia nel bosco.

A noi va benissimo cosi’.

Al momento, nei nostri registri, abbiamo intorno ai trecento clienti. Questi, quando vengono, ci vengono a trovare, in media, una volta all’anno. Idealmente mi piacerebbe spargere le visite uniformentente durante l’anno, ma ci sono periodo più indaffarati di altri.

Da febbraio a marzo quando ci sono i rendiconti abbiamo l’agenda degli appuntamenti piena. C’è poi maggio giugno, il periodo post dichiarazione delle tasse.

È una mia teoria, e non ho nessuna prova della sua veridicità, ma, secondo me, la compilazione del modello 730 porta molti alla decisione di muovere un po’ di capitali da queste parte del confine.

Poi c’è settembre. Ritorno dalla vacanze? Comincia la scuola? Non saprei.

Settembre è sempre indaffarato. Magari i clienti vengono perchè il lago è particolarmente bello in quella stagione.

La verità è che non sarei in grado di affrontare tutti questi visitatori da solo.

Per gestirli mi avvalgo della collaborazione di due impiegate: la segretaria vera, quella che sa tutto e che bisogna mantenersi fedele e la segretaria giovane che cambia ogni tre o quattro anni.

Ne parleremo.

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Come investire i soldi degli altri

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Stabilità e discrezione.

Sono due grandi qualità che un qualsiasi direttore di fondo puo’ e deve apprezzare.

La stabilità gli garantisce che i soldi investiti presso il suo fondo rimarranno lí per un po’. Questo lo aiuta a gestire la cassa e la composizione del portafoglio. Se so che l’investitore non scapperà, posso investire in titoli magari meno liquidi (quindi più difficili da rivendere sul mercato) ma più redditizzi.

Non c’è bisogno di soffermarsi sull’importanza della discrezione.

Una fiduciaria puo’ garantire entrambe le cose.

Per un prezzo.

Tranquilli: è negoziabile.

Ambrosetti era un grande delle negoziazioni. Per quel che è la mia esperienza personale: il piu’ grande. Avrebbero dovuto fargli una statua.

Su cosa si negozia? Sulla spartizione dei pani e dei pesci ovviamente. Chi si attribuisce quale commissione e in quale percentuale.

Un fondo genera almeno una dozzina di commissioni diverse. Ce n’è per tutti i gusti e, voglio assicurare i miei cinque o sei lettori, ne parleremo a lungo più avanti. Qui, basta soffermarsi sul fatto che per chi gestisce un fondo, principalmente, due sono le commissioni che generano la maggior parte del suo profitto: quella di gestione e quella sui profitti.

Come ho detto, ce ne sono parecchie altre, ma la maggior parte del denaro viene da quelle due.

Teoricamente il fiduciario dovrebbe ricevere una commissione a sè stante, calcolata sugli investimenti, le masse, il denaro che porta in un certo fondo.

Quindi, se io fiduciario sposto 100 mila euro di soldi di un mio cliente su un certo fondo, mi spettano delle commissioni. Ci sta. Ha senso.

Teoricamente dovrei anche accontentarmi di quelle commissioni.

Teoricamente.

Il fiduciario, però, è soprattutto un uomo pratico. Soprattutto quando si parla di soldi.

È il classico caso dove la teoria viene lasciata ai legislatori. Lasciategli scriveri articoli solenni e giusti. L’importante è che siano facilmente aggirabili.

È chiaro, persino intuitivo, che nessuno si accontenterà di avere solo una commissione, quando ne sono a disposizioni altre. Tutti cercheranno sempre di tirare più acqua possibile al proprio mulino. È così che faccio il mio profitto. Non mi potete biasimare.

Quando gestore e fiduciario si incontrano, un po’ di tira e molla sulla commissione di gestione è dato per scontato. Persino atteso.

Pensate a quei mercati rionali sempre più rari dove un certo ammontare di discussioni sul prezzo è atteso e pure gradito.

Fiduciari e gestori sono protettori di un’arte, quella del negoziato, che va scomparendo. Dovrebbero darci una medaglia.

In altre parole io, per aprire le borse dei miei clienti, chiedo di essere pagato di più.

Il metodo consueto consiste nel prendermi la mia solita commissione a cui aggiungo una percentuale della commissioni di gestione. Il legislatore non approva accordi del genere, quindi si cerca sempre un qualche escamotage. Gattopardescamente, la forma cambia, il risultato no.

Maggiore la percentuale della mia commissione, maggiore la mia felicità, più consistenti le masse che io investo in un fondo. L’equazione é molto semplice: più vengo pagato, piu’ investo i soldi dei miei clienti: i vostri soldi.

Notate come la bontà del fondo (quanto rende) non entra nemmeno nella discussione.

Se i fondi non sono proprio i migliori sul mercato, se non rendono tantissimo, se sono vagamente oscuri nelle loro politiche di investimento, se il gruppo di gestori è, ad essere generosi, mediocre… non è un problema. Anzi…

Se un fondo è profittevole, la maggior parte di questo guadagno andrà all’investitore, cioé al mio cliente, ed al gestore del fondo stesso. A me viene solo una piccolissima parte. La componente principale delle mie decisioni di investimento dei soldi degli altri è cosa ci guadagno io. Che, se ci pensate, è anche il metodo che preferisco seguire quando investo i miei soldi personali. Ci devo guadagnare sempre io, indipendentemente da chi sia il proprietario effettivo del denaro. È tutto molto coerente.

Per riassumere:

1. di quel che guadagnano i miei clienti mi interesso relativamente.

2. Se il fondo mi paga bene e porta pure a casa pure dei risultati, siamo tutti felici.

3. Se il fondo non rende molto ai cliente, ma paga extra commissioni, va bene lo stesso, perché io sono felice.

4. L’importante è che io sia felice.

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Il rapporto simbiotico tra fondi e fiduciari

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Quando si devono investire i soldi dei propri clienti, un fiduciario non guarda necessariamente ai fondi di investimento con un buon rendimento.

I frutti dell’evasione fiscale altrui devono, prima di tutto, garantire un buon profitto al fiduciario e alla sua impresa.

Ambrosetti non investiva quasi mai in fondi che rendevano.

Fondi che creano profitti per i propri investitori, tendono a rendere meno alla fiduciaria. Gestori capaci vuol dire anche gestori che non sono disposti a negoziare sulla ripartizione dei pani e dei pesci.

Un fiduciario che si rispetti, preferisce avere a che fare con gestori con i quali è in grado di negoziare.

Tra fiduciari e gestori, soprattutto gestori mediocri, esiste un legame simbiotico costruito intorno alla raccolta di capitali. Ad un piccolo gestore risulta difficile se non ostico raccogliere grandi quantità di capitale.

Chi gestisce piccole quantità di capitale non è conosciuto da molti.

Di solito dei piccoli gestori non ci si fida. Gli manca un marchio di fabbrica. È un po’ come essere in una città forestiera in un paese forestiero. Si finisce per mangiare da McDonald. Non ci si fida dello strano, apparentemente sporco, ristorante locale.

Molte banche non cominciano ad investire in un determinato fondo che non sia loro, fino a quando questo non raggiunge almeno i 100 milioni di euro di masse, cioè fino a quando non si è fatto un nome e costruito una reputazione.

Dovesse poi raggiungere la fatidica soglia dei 100 milioni, non è detto che la valanga di soldi che una banca potrebbe girare sul suo fondo, vada completamente a genio a chi si occupa del fondo.

Intendiamoci, un gestore non si strapperebbe le vesti e sputerebbe in faccia all’intermediario della banca, ma un investitore che diventa troppo importante per il fondo, troppo preponderante, potrebbe portare a dei problemi.

Immaginatevi di avere un’impresa che dipende quasi esclusivamente da un solo cliente. Pensate ad una una piccola azienda che fornisce un circuito elettrico alla FIAT e solo alla FIAT. Se la FIAT cambia fornitore o circuito, la piccola impresa è rovinata.

Situazioni simili (con conseguenze simili) possono succedere anche nel mondo della gestione dei fondi.

Se la maggior parte dei tuoi soldi arrivano da un’unica fonte, dipendi interamente dagli umori di quella fonte. Un lavoratore dipendente si trova in una situazione molto simile. La sua fonte di reddito non è diversificata. Dipende interamente dal suo datore di lavoro. Se la compagnia per cui lavora affonda improvvisamente, anche il dipendente rischia di affondare (se non trova un altro posto di lavoro alla svelta).

Se il vostro fondo di gestione dipende per la raccolta del denaro da una fonte principale, voi ed il vostro fondo siete nella mani di questa fonte.

In una banca gli umori possono cambiare a seconda di chi prende le decisioni d’investimento. Le banche hanno spesso migliaia di dipendenti. Questi dipendenti fanno carriere. Almeno alcuni. Il fatto rimane che la gente cambia posizione, cambia lavoro. Quella persona che aveva messo 100 milioni sul tuo fondo, adesso fa un’altra cosa. La nuova persona che si occupa del tuo fondo è molto simpatica e molto gentile, ma ha idee diverse sul come usare quei soldi che voi stavate gestendo. Da un giorno all’altro, ritira tutti i soldi.

Improvvisamente il piccolo gestore, che fino ad un momento prima nuotava in un mare di soldi, si trova a nuotare in un mare di merda.

Noi fiduciari siamo tutta un’altra cosa. Non siamo banche. Non siamo i pesi massimi del quartiere. Siamo spesso gente del posto, quelli che incontri al bar, quelli con cui discuti di figli. I gestori della zona li conosciamo da anni. Ne apprezziamo le qualità (o la loro mancanza di qualità) e siamo consapevoli dei loro difetti.

È vero: non siamo in grado di muovere tutti quei soldi che una banca puo’ tirare fuori, ma possiamo garantire una certa stabilità.

Se decidiamo di spostare dei capitali sul vostro fondo, potete stare sicuri che quel denaro rimarrà li’ per periodi anche molto lunghi. Se, malauguratamente, ci trovassimo nella condizione di dover ritirare il nostro investimento, vi avvertiremmo con un certo anticipo.

Niente sorprese. Si dà a tutti il tempo di adattarsi alla nuova situazione.

In più, a parte in alcuni casi, certamente non desideriamo possedere un intero fondo. Ci piace la diversificazione. I soldi dei nostri clienti li mettiamo un po’ qui ed un po’ la. Non siamo molto ingombranti.

Non siamo rumorosi.

Potreste riassumere il rapporto di una fiduciaria con un fondo in due parole: stabilità e discrezione.

Queste cose hanno un prezzo.

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Ambrosetti e le descrizioni dei fondi d’investimento

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Per scegliere dove investire i propri soldi, alcuni si affidano non solo ai numeri, ma anche alle parole.

Accanto alle tabelle che riportano risultati ottenuti e capitali gestiti – le uniche cose che dovreste guardare – il gestore del fondo d’investimento affianca sempre una descrizione più o meno lunga di quelle che sono le politiche d’investimento del portafoglio.

Si tratta di capolavori di sintesi e di acume finanziario.

Esistono capolavori del genere: “Il fondo ABC è un fondo dinamico incorporato in Lussemburgo che investe dinamicamente in mercati di frontiera”.

Eh?

Oppure: “SuperMegaFondo é un fondo investimenti registrato in Lussemburgo. L’obiettivo del fondo é la crescita del capitale e del reddito.”

E vai! Come se uno si aspettasse che il suo obiettivo fosse la perdita di denaro.

Ambrosetti aveva delle opinioni molto chiare a riguardo, Quando parlava, se ne parlava, di queste veloci descrizioni preferiva rifugiarsi nel linguaggio tecnico: “Masturbazioni mentali.”

E’ roba che non guardo nemmeno. Specchietti per le allodole. O per chi si vuole riempire la bocca con sciozzecche finto tecniche. Queste sono spesso cose scritte dal gestore per soddisfare il suo enorme ego o per ingannare l’investitore o per ottenere entrambe le cose.”

Molti fondi pubblicano la lista dei 5 titoli con maggior peso. Dei primi 5 titoli del portafoglio non potrebbe fregarmene di meno. Magari il portafoglio ha cinquecento posizioni. Cosa vuoi che mi importi delle primi cinque.”

Una cosa che va per la maggiore, nei bollettini mensili prodotti dai gestori di fondi, è la pagina del commento.

Il gestore spiega all’investitore che cosa è successo al fondo.

L’utilità del commento è spesso nulla. Mi rendo conto che un gestore debba dare sfogo al suo ego e quindi ha un bisogno fisico di dire qualcosa. Sono disposto a tollerare lo spreco di inchiostro, ma non sono disposto a leggere quella roba.

Ambrosetti, ogni tanto, li leggeva e si incazzava: “Le spiegazioni sul perchè e percome il portafoglio è andato in una direzione piuttosto che nell’altra, sono sempre cose scritte con il senno di poi. Se la carta da stampante non fosse cosi’ dura, mi farei una copia di tutto quel blaterare da usare come carta igienica. Tre soli criteri: almeno 5 anni di vita, cosa ha combinato in quei cinque anni e quanti soldi gestisce.”

Questo – specificava – per quel che riguarda i miei soldi personali”.

Quando aveva che fare con la sua clientela, l’approccio era leggertemente diverso.

Ne cominciamo a parlare la prossima volta.

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Come investire i PROPRI soldi (Parte 2)

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Quando vi chiedete dove investire i vostri risparmi, se non intendete affidarvi ad uno come me, la linea di condotta che dovete seguire è sempre una: confrontare, sempre confrontare.

Mettendoci un po’ di sforzo anche negli anni Ottanta e Novanta era possibile farsi una mezza idea sul dove mettere i soldi. Era possibile, ma non facile come oggi.

In quegli anni bisognava avere accesso gli strumenti adatti. Internet non c’era o era agli inizi e solo pochi vi avevano accesso. Identificare la migliore forma d’investimento, per un non addetto ai lavori, non era elementare. Era, in effetti, una cosa per esperti che richiedeva tempo ed un certo ammontare di dedizione. I dati disponibili al pubblico era soprattutto su carta, pubblicati sui giornali o su periodici specializzati. A conti fatti tutti i dati era disponibili solo su carta. Noi ricevavamo dei fax, ma sempre carta era. Fino all’esplosione di internet, solo una minoranza aveva accesso ad abbastanza dati per fare una scelta informata. La maggior parte delle persone doveva accontentarsi di molto meno.

Adesso è tutto piu’ facile. Ogni fondo, ogni forma di investimento, ha una qualche pagina dedicata su internet. Le informazioni storiche sono disponibili a tutti e sono facilmente reperibili. Esistono siti che spiegano a parole molto semplici i vari rischi e i vari tipi di prodotti finanziari.

Se l’investitore medio spendesse un millesimo del tempo che spende a seguire le partite di calcio per informarsi, nessuno avrebbe più brutte sorprese o piangerebbe perché pensa di essere stato imbrogliato.

Oltre all’informazione disponibile sulla rete, ogni banca, quasi di sicuro anche la vostra, ha una qualche piattaforma su internet che permette ai suoi clienti di comprare e vendere qualsiasi tipo di titolo finanziario.

Queste piattaforme non si limitano ad operare sul mercato. Se intendete mettere i vostri risparmi su un fondo d’investimento, la scelta di gran lunga più saggia. Il sito della vostra banca vi metterà in grado di confrontare un fondo contro un altro fondo o contro degli indicatori. Fare queste comparazioni è veramente importante. È anche veramente facile.

Quando si ha qualche soldo da investire e si è convinti che, sì, adesso li investiamo, si va sul sito, si scelgono i portafogli con almeno cinque anni di vita, si opta per un certo tipo di rischio (azionario, obbligazionario e cosi’ via), si guarda chi é andato meglio e si sceglie.

Tutto lì, chiederete voi. Tutto lì, rispondo io.

Oppure, che dio vi benedica, potete venire da uno come me.

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Come investire i PROPRI soldi

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Come scegliere un portafoglio per i propri denari.

Ambrosetti metteva sullo stesso piano stelle del cinema e gestori capaci.

Un portafoglio di titoli scelto da un gruppo di gestori capaci e pieni di talento rende soldi. Spesso e volentieri parecchi soldi.

Il gestore che è in grado di creare profitto per sé e per altri non è molto diverso da un attore che ha appena portato a casa il premio Oscar: attrae denaro.

Attrae grandi quantità di denaro.

È naturale, a pensarci bene. Se dandoti il mio denaro tu sei in grado di farne cresce il valore in modo che alla fine io abbia piu’ denaro… beh: ecco qui i miei soldi.

Il gestore che sa quello che fa non ha bisogno di farsi pubblicità. I suoi risultati sono il miglior mezzo di comunicazione.

Quindi – diceva Ambrosetti – quando scegli dove mettere i tuoi soldi (non quelli dei tuoi clienti) scegli dei fondi di investimento che hanno almeno cinque anni di storia e osserva con attenzione quello che è successo in questi cinque anni.

La prima cosa che guardo quando voglio investire da qualche parte il MIO denaro è come si è comportato un fondo negli ultimi cinque anni. Se non è attivo da almeno cinque anni non lo guardo nemmeno.”

Dibatteva poi sul fatto che, sì lo sappiamo tutti, buoni risultati nel passato non si traducono necessariamente in buoni risultati nel futuro.

È qualcosa che viene ricordato anche i tutti i prospetti e persino nelle pubblicità in televisione. È un modo testato per pararsi il culo: non lamentarti se poi perdi soldi. La vita è piena di alti e bassi. A volte si vince, a volte si perde. La vita è fatta a scale. Bla, bla bla.

Diamo per scontato che anche il migliore dei gestori non può nulla contro un mercato che ha deciso che il suicidio è la politica da seguire. In quell’anno tutti perderanno qualcosa. Quelli che non lo faranno si daranno un sacco d’arie. La realtà è che hanno solo avuto culo.

La bravura del gestore la si vede nella sua costanza nel battere il mercato. Se negli ultimi cinque anni un fondo ha sempre fatto un po’ più del mercato e, negli anni bui, ha perso un po’ meno del mercato, allora è un fondo da considerare per i propri soldi.

La storia degli ultimi cinque anni ti dice quindi moltissimo ed è indicativa di quello che succederà nei prossimi anni. Ti dice come, con molta probabilità, il fondo si comporterà rispetto al mercato: nel bene e nel male sempre un po’ meglio.

Il passato di un fondo ti dice molto su chi è alla guida del fondo.

Se il tuo fondo è sempre un passo avanti rispetto agli altri, una ragione c’è e non è la fortuna.

Ambrosetti non si fermava ai risultati degli ultimi cinque anni. Per lui un altro fattore era importante. Un fattore che diceva molto su cosa altri pensassero di quel fondo.

Quanti soldi gestisce il fondo?”

Cioè?”

Un fondo che è riuscito a raccogliere tre miliardi di euro ed è in vita da almeno cinque anni e dà buoni se non ottimi risultati è un fondo da considerare molto seriamente. Quei tre miliardi mi dicono che quel gruppo di gestori è già stato testato da parecchi investitori. Mi dice che quegli investitori sono rimasti soddisfatti e hanno lasciato lì i loro soldi.”

Mentre un fondo con tredici milioni?”

In vita da cinque anni?”

Sì”

E’ probabilmente in mano ad una piccola società. A qualcuno non troppo diverso da noi. È un fondo che non vale molto, nel senso che chi lo gestisce non vale molto. Testato da cinque anni e nessuno gli ha dato denaro. Se stai investendo i tuoi risparmi personali è meglio stare alla larga da fondi del genere. Bisogna starci lontano con lo stesso entusiamo con cui un vegetariano – oggi avrebbe detto vegano – evita una macelleria. Certo: uno potrebbe scommettere e metterci dei soldi, ma deve anche rendersi conto che sta scommettendo e non sta investendo. Sono due cose diverse.”

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Stelle del cinema e fondi di investimento

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Luigi Ambrosetti era un grande appassionato di cinema. Ne parlava spesso e gli piaceva usare il cinema e le sue stelle come uno specchio del mondo finanziario.

Il cinema, le sue storie e le sue stelle erano un tramite ideale per descrivere le politiche di investimento della sua fiduciaria.

Marco – mi diceva – pensa alle grandi stelle del cinema. Quelle i cui film vengono visti da centinaia di milioni di persone. Quelle di cui ci ricordiamo le battute, gli sguardi e gli atteggiamenti. Quelle che vogliamo imitare.”

Questi attori e queste attrici hanno un potere enorme: possono chiedere ed ottenere dai grandi studi di Hollywood il prezzo che desiderano. Il loro nome nei titoli di apertura assicura che moltitudini saranno disposti a uscire di casa e pagare il biglietto del cinema per vederli recitare. I loro film verrano visti: per le case produttrici sono grandi generatori di denaro. Il loro nome sul tabellone si traduce spesso e volentieri in profitto.

È una cosa per la quale gli studio sono disposti a pagare bene.”

La capacità degli attori di creare denaro non si limita alla vendita di biglietti. La loro voce va più lontano della mia o della tua voce. Presidenti e Primi Ministri li ascoltano. Le Nazioni Unite li manderanno in giro per il pianeta come ambasciatori di pace.”

Il meccanismo si autoalimenta. L’attore è famoso, tutti lo vogliono vedere ed ascolatare. Questo lo rende ancora più famoso e ‘vendibile’. È una macchina pubblicitaria che cammina.” “Se la stella del cinema indossa un certo vestito, fa una grande pubblicità a chi lo ha creato. La celebrità viene pagata profumatamente per farsi vedere con quel vestito o quel paio di scarpe. A differenza dei ciclisti amatoriali che vanno in giro con quei vestiti pieni di pubblicità giusto per sentirsi come dei ciclisti professionisti, gli attori – o atleti – famosi non indossano niente di firmato se il vestito non è accompagnato da un assegno.”

Accanto all’attore ci sarà sempre un giornalista, probabilmente pagato pure lui, che più tardi annuncerà al mondo chi aveva fatto e disegnato quel vestito o quelle scarpe.”

Ricordati Marco – mi diceva – una stella ottiene quello che vuole e non deve darti niente. Tutti vogliamo un po’ della sua luce.”

Il ragionamento, continuava, non cambia molto, anzi non cambia proprio per niente, quando si ha a che fare con fondi di investimento.

Ci sono fondi buoni, fondi meno buoni e fondi di merda.

Tutto dipende da chi li amministra. I fondi buoni, gestiti da gente capace, sono in grado di raccogliere ingenti quantità di capitali. I fondi di merda non se li guarda nessuno.

La domanda a cui bisogna dare una risposta è: dove investire?

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L’idealismo di un fiduciario

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Luigi Ambrosetti è stato il mio maestro, il mio mentore. Il mio debito verso di lui è impagabile. Non voglio dire che da lui ho imparato proprio tutto – qualcosa di mio nella mia vita ce l’ho messo – ma ho certamente imparato tanto.

Luigi era un uomo generoso di carattere e mai avaro di consigli.

Negli anni durante i quali ho lavorato per la XYZ di Ambrosetti, lui ha sempre arricchito le giornate con avvertimenti, complimenti, utili critiche e fantastici anedotti.

Ambrosetti era una grande cantastorie. Se lo avesse scritto lui, questo diario sarebbe molto più divertente.

Non credo che lui abbia mai dubitato che, prima o poi, mi sarei staccato dalla XYZ per fondare la mia fiduciaria.

Essere in sua presenza era come essere di fronte ad un grande atleta. Faceva cose che pochi sarebbero riusciti ad emulare e lo faceva pure sembrare facile.

Tra le tante cose che mi ha insegnato, dire che, senza dubbio, la lezione piu’ importante, la frase che lui continuava a ripetere, quella che mi è entrata fermamente in testa é questa: “Marco: l’idealismo non porta a casa la pagnotta.”

Quando Ambrosetti parlava di idealismo, non alludeva a grandi concetti. Non pensava alla pace nel mondo o al riscaldamente globale. Non faceva politica mettendo a confronto capitalismo e comunismo. Certamente il suo idealismo non aveva nulla di spirituale e non aveva nulla a che fare con l’eterna lotta tra il bene ed il male. Non era certamente un tipo che avrebbe fatto un viaggio in India per consultare un qualche guru locale. La sua massima spiritualità si manifestava nei giri di ristoranti sull’Appennino tosco emiliano.

Il suo idealismo era pratico. Per lui idealismo voleva dire investire i soldi dei clienti in qualcosa che rendesse loro qualcosa di decente a scapito del profitto della XYZ. L’idealismo era controproducente.

Il suo obiettivo era questo: la XYZ deve fare un bel grosso profitto. Tutto il resto era secondario.

Mi ha sempre trovato d’accordo.

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Pubblicità

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La XYZ di Ambrosetti non era diversa da tante altre fiduciarie, quindi non si faceva nessuna pubblicità.

Perché nessuna pubblicità? Basta rifletterci un attimo e non si puo’ fare a meno di raggiungere la stessa conclusione.

Gli elvetici evadono le loro tasse attraverso i loro conti correnti. Il segreto bancario è protetto dalla costituzione. L’erario non sa quello che avete sui vostri conti. Gli svizzeri non hanno bisogno di una fiduciaria. Per la maggior parte, per i loro scambi sui mercati finanziari, si lasciano depredare dalle loro banche.

Gli italiani, loro sí, potrebbero essere interessati ad una fiduciaria. Il fisco italiano, da parte sua, potrebbe essere interessato ad una fiduciaria che invita gli evasori italiani a rivolgersi a lei per non pagare le loro tasse.

Mmmm…

Come ho detto: la pubblicità non è una buona idea.

Per far circolare il nome, ci affidavamo ai nostri clienti.

Poveracci. Gli agnelli cantavano le virtù del lupo.

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Luigi Ambrosetti

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Lavoro nel settore finanziario da più tempo di quanto mi piaccia ammettere.

Se ho mai avuto un mentore, questo é senza ombra di dubbio stato Luigi Ambrosetti.

Ambrosetti è uno degli eroi della piazza finanziaria di Lugano.

Luigi era socio unico e fondatore della Fiduciaria XYZ SA con sede in via Nassa a Lugano.

Il suo più grande talento era la sua capacità di empatizzare con i suoi clienti.

Luigi sapeva tutto della sua clientela.

Tutto.

Si ricordava nomi, cognomi, nomi ed età dei figli. Si segnava sul calendario onomastici, compleanni ed anniversari.

Sapeva di litigi, divorzi ed amanti.

Sapeva se i figli dei suoi clienti andavano all’università e cosa studiavano. Ogni tanto, se invitato, andava alle lauree.

Per chi di voi si ricorda il fumetto Alan Ford, Luigi era come il Numero Uno. Aveva sempre con sé un piccolo taccuino nero dal quale uscivano fiumi di informazioni su ogni persona che aveva incontrato e che gli aveva affidato dei soldi.

Di tanto in tanto veniva invitato ai matrimoni. Diceva che questi erano i suoi migliori investimenti. Regalavi qualcosa che valeva 2 o 3 mila franchi e ottenevi capitali per mezzo milione e più

Ad onor del vero, Luigi non era cosí completamente cinico. Con alcuni dei suoi clienti aveva stretto rapporti di amicizia vera e l’ho visto piangere lacrime autentiche quando una tragedia si abbatteva su una di queste persone.

Naturlamente, un ostacolo banale e persino passeggero come l’amicizia non avrebbe mai impedito ad Ambrosetti di estrarre ogni possibile centesimo di franco dalla sua clientela.

Va bene affezionarsi, ma gli affari sono affari!

Luigi Ambrosetti era sempre vestito in modo impeccabile, ma non era uno snob. Era affabile e gentile e sapeva come raccogliere capitali.

La XYZ era una piccola impresa. C’erano giusto Ambrosetti, la sua segretaria ed io.

Quando poi io ho fondato la mia fiduciaria, la Spizzi SA, Ambrosetti si è fatto affiancare dal figlio inetto.

Questa, però, è un’altra storia.

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