Il carattere di un gestore

Se il pezzo che segue dovesse piacerti, per favore spargi la voce.

Penso che ormai il concetto sia chiaro: ogni fondo di investimento è soggetto ad una moltitudine di commissioni.

Tutte le commissioni ed i costi del fondo sono definiti nel prospetto, quel documento che descrive in grande dettaglio cosa farà il fondo. Lo avete presente no? È quel documento di due o trecento pagine che non legge mai nessuno.

Il prospetto è un documento redatto da avvocati. Il suo scopo teorico è di dire in modo chiaro cosa succederà ai soldi dell’investitore. Chiunque abbia mai sfogliato un prospetto sa che non c’è nulla di chiaro al suo interno e che lo scopo principale è quello di parare il culo dei gestori che maneggeranno i soldi e degli avvocati che hanno redatto il documento.

C’è una domanda alla quale il prospetto non risponde in modo chiaro: come verranno distribuiti i soldi generati dalla commissinioni? Chi incassa veramente quel denaro?

Ci sono alcune commissioni che hanno dei destinatari molto chiari: la banca depositaria, per esempio, o il conto dei revisori. Banca e revisori sono dei mastini. Non molleranno l’osso e quei soldi che spettano a loro andranno a loro.

Non è un problema.

Ci sono alcune commissioni, come quella di gestione e quella sui profitti, che, se le circostanze le permettono e se gli astri si allineano nel modo giusto, possono andare ad arricchire anche persone che, in teoria, non dovrebbero avere diritto a quel denaro.

Dipende sempre dal fondo con cui si ha a che fare.

Come vi ho menzionato, ci sono dei fondi per cui non vale nemmeno la pena provare a parlare di una qualche forma di distribuzione, diciamo così, extracurriculare.

Quando i gestori sono troppo bravi, un vero peccato, ci si trova di fronte ad un muro. Questa è gente che non sgancia un centesimo in più dello stretto necessario. Non sono persone sotto pressione. Capitali per i loro fondi ne trovano a bizzeffe.

Per fortuna, il gestore bravo ma veramente bravo è raro.

Se non lo fosse il fiduciario non riuscirebbe ad investire almeno la metà dei capitali che raccoglie in fondi la cui qualità va da media, media bassa, al “non pigliamoci per il culo” puro e semplice.

Fate attenzione: io scrivo “fondi”, voi dovete leggere “gestori”. Non è il fondo che va male: è il gestore che è incapace. Quando voi mettete dei soldi in un fondo, voi li state dando a delle persone. Anche quando investite in fondi che usano computers per decidere dove e quando investire, voi state dando i soldi a chi ha scritto quei programmi.

Il fiduciario è particolarmente attento a questo aspetto.

I soldi degli altri li investirà in persone che garantiscano al fiduciario il rendimento più alto possibile per se stesso e, solo in terzo piano (in secondo piano c’è ancora lui) per l’investitore / evasore. Ricordate che l’investitore / evasore ha già fatto il suo bel profitto nel momento in cui non ha pagato le tasse. Non si capisce che altro voglia dalla vita.

Per questa semplice ragione, almeno il 50 per cento dei soldi (spesso parecchio di più) verrà dato a gestori che vanno dal mediocre in giù.

Con questi personaggi si può negoziare, è possibile mettersi d’accordo.

Per evitare fraintendimenti, si deve ricordare che il gestiore mediocre non è sempre consapevole del suo status di mediocrità o merdina.

La verità è che non è mai consapevole.

La verità è che si crede un superfigo.

La verità è che questa merdina rimane stupefatta dal fatto che fiumi e fiumi di denaro, veri e propri Rio delle Amazzoni, non si dirigano ogni giorno verso il suo portafoglio.

Hollywood dipinge sempre il gestore come uno squalo, un lupo pronto a divorare tutto e tutti. Il trader é sempre presentato come un bastardo arrogante e scaltro.

È un carattere che abbiamo tutti ben presente ed immagino che persone del genere esistano. Ce ne sono ovunque, non vedo perché no nel mondo finanziario.

Potrebbe succedere, ne sono certo: Un giorno, anch’io incontrerò un gestore arrogante e scaltro, un lupo pronto a divorarmi. Spero solo di ricordarmi di farmi un selfie con lui prima che lo faccia.

La mia esperienza personale è che il gestore non è scaltro come pensa di essere, certamente non è scaltro come il personaggio di un film. Di sicuro è un arrogante, ma, sopra ogni cosa, il gestore è una fighetta.

Gli piace essere adulato.

Oh come gli piace.

Questa aspetto del suo carattere ha conseguenze per le negoziazioni: le rende possibili.

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I gestori capaci sono una seccatura

Se il pezzo che segue dovesse piacerti, per favore spargi la voce.

Un fiduciario che si rispetti non si accontenterà mai della sola commissione pensata per lui.

La commissione sui profitti? Tutta ai gestori? Non necessariamente.

L’ammontare di soldi che va nelle mie tasche, il pagamento finale che riceve la mia fiduciaria, non è stabilito da delle regole fisse ed insormontabili.

La cifra concordata è proprio questo: concordata. Scordatevi le regole ed i regolatori. Quello che mi viene pagato è la conseguenza di una negoziazione tra me e la proprietà della società che gestirà il denaro. In molti casi, forse la maggioranza, è un classico caso di “fatta la legge, trovato l’inganno”.

Il settore finanziario è regolato come pochi. È un bene. Ci sono sempre buchi e scorciatoie da sfruttare.

Nulla di illegale. Come sempre, chi fa le regole prova a farle bene, poi le complica troppo ed ecco che appare il modo di ignorarle.

Ci sono situazioni dove chiedo ed ottengo una parte dei profitti e mi è capitato di negoziare contratti che mi garantiscono l’ottanta per cento della commissione di gestione.

Dipende.

Da cosa?

Non dalle regole, quelle si aggirano.

Dipende da chi siede dall’altra parte del tavolo.

Ammettiamo di avere a che fare con gestori capaci. Gente che ogni anno, invariabilmente, porta a casa i risultati migliori. Persone con i coglioni ed i controcoglioni.

Persone di questo genere, gente che conosce il suo mestiere e che ne trae profitto, non hanno veramente bisogno dei miei soldi. Gliene arrivano già a valanga da tutte le direzioni. A volte gliene arrivano così tanti che chiudono il fondo ad ulteriori investimenti.

Grazie signori: ne abbiamo abbastanza.

Diciamo che, essendo in fondo esseri civili, non mi sputerebbero in faccia, ma non sarebbero turbati se investissi le mie masse da qualche altra parte. Con questo genere di talenti c’è poco che la negoziazione possa fare. Giri i soldi sui loro fondi e quello che ti pagano lo consideri grasso che cola.

Il contratto tra il fondo e la fiduciaria viene definito con un paio di poste elettroniche per scambiare contatti e numeri di conto corrente. Nessun contatto personale. Anche se magari io vorrei vedere loro, loro non hanno bisogno di vedere me.

I gestori bravi sono una seccatura.

Con tutti gli altri, la maggioranza, si negozia.

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La commissione più bella

Se il pezzo che segue dovesse piacerti, per favore spargi la voce.

Di tutte le commissioni che un fondo può creare, quella più bella è quella che spetta a me.

Come si chiama? Il nome, è una formalità – quello che conta è la cifra che arriva sul mio conto – ma visto che avete chiesto…

Come per molte altre cose nel mondo finanziario, il nome di una commissione va dato in inglese. L’inglese ha il grande vantaggio di confondere le acque e di dare quel tocco in più. Questo costo sostenuto dal fondo – e incassato da gente come me – viene chiamato placing agent fee. Se preferite: commissione per quello che ci porta i soldi degli altri.

C’é chi storce al naso di fronte alla possibilità di pagare soldi a chi agisce come tramite tra l’investitore ed il fondo in cui egli investe. D’altra parte, si ragiona, questa persona è già retribuita dall’investitore. Perchè il risparmiatore/evasore deve pagare due commissioni per lo stesso investimento. A parte il fatto che l’investitore paga molto di più che due commissioni, io rispondo, in inglese: why not? Insomma, perché farti pagare una commissione, quando posso fartene pagare due o più?

C’é anche chi obietta che questo costo introduce un grave conflitto d’interesse per il fiduciario. Egli potrebbe essere interessato ad investire solo in quei fondi che gli garantiscono maggior introiti, invece che decidere in base al migliore interesse del cliente.

Nooooooo.

Ma quando mai?

Alcuni legislatori preferiscono non avere una commissione del genere e hanno provato a fare qualcosa a riguardo. Hanno provato ad abolirla.

È uno di quei casi dove il settore pubblico fa davvero tenerezza.

Per rimanere nello spirito anglosassone alla richiesta di abolire la comissione per i procacciatori, io rispondo: no problem.

Per usare un classico: fatta la legge, trovato l’inganno.

C’è una commissione di gestione dell’uno per cento ed una per il fiduciario dello 0,70% per cento e al legislatore non piace?

Al legislatore si obbedisce e, senza indugio, lo 0.70% scompare dai costi del fondo.

Non badate all’altra commissione che, nel frattempo, è salita dello 0.70%. È solo una coincidenza.

Che?

Vi aspettavata di pagare di meno?

E non state lì a lamentarvi. L’uno e settanta per cento non è neanche male. Un investitore si può ragionevolemte aspettare di pagare almeno (almeno) il 2 per cento del proprio capitale ogni anno in commissioni.

Voi direte: capiamo. La commissione tua è la migliore e non c’è verso che non ti venga pagata. Potevi almeno limitarti a parlare dei soldi che spettano a te, invece che entrare nel dettaglio di tutte quelle altre commissioni.

Beata ignoranza.

Pensate che quella per il fiduciario sia l’unica fetta che mi spetta?

In verità in verità vi dico che la commissione per il fiduciaro è solamente un minimo. I soldi veri che vengono pagati alla Spizzi o ad un’altra fiduciaria sono di solito di più.

Le commissioni non sono compartimenti fissi. Quello che è mio è mio e quello che è tuo è tuo.

Le commissioni sono come le camere stagne del Titanic. L’acqua può tranquillamente muoversi da una zona all’altra della nave.

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I fondi sono macchine per creare commissioni

Se il pezzo che segue dovesse piacerti, per favore spargi la voce.

Un buon fondo di investimento è, senza ombra di dubbio, il miglior modo di investire i propri soldi. Con i moderni database, trovare un fondo decente non è nemmeno difficile.

La maggior parte di noi, attraverso il proprio conto corrente, ha accesso, via internet, a montagne di statistiche ed analisi messe a disposizione dalla banca presso la quale sono depositati i nostri risparmi.

Metteteli in ordine di profitto negli ultimi cinque anni e, quasi senza eccezioni, troverete un fondo adatto alle vostre esigenze.

Facile, giusto?

Purtroppo sì, è facile. Perché, quindi, non lo fanno tutti?

Non lo so, ma ne sono felice. Se tutti facessero così, io sarei senza lavoro ed i fondi peggiori verrebbero rapidamente eliminati dal mercato. Questo sarebbe un gran peccato, perché i fondi peggiori sono quelli che rendono di più ad un fiduciario.

Come mai?

Dobbiamo partire dal fatto che i fondi di investimento sono macchine per creare commissioni.

Di commissioni ce ne sono per tutti i gusti. Esplicite ed implicite.

La prima che mi viene in mente, da cui potremmo far partire il nostro ragionamento, è la commissione sui profitti.

Questa è una commissione che ha anche senso, che può essere giustificata senza fare salti mortali.

Fai dei profitti ed io ti premio dividendo con te gestore parte di quei guadagni.

È un ottimo incentivo per il gestore che puo’ anche ricavare somme notevoli in questo modo.

Pensate ad un fondo di 200 milioni di euro che, in un anno, fa un profitto del 12 per cento, cioè di 24 milioni. Se la commissione sui risultati è del 10 per cento (un numero molto comune), ai gestori del portafoglio spettano 2 milioni e 400 mila euro.

Il resto va agli investitori.

Due milioni e rotti sono un ottimo incentivo per il gestore a fare bene. Certo, come vedremo più avanti, il metodo di calcolo di questo pagamento può essere girato e rigirato in mille modi, così che l’apparente equità del calcolo finisce per tingersi dei colori di una vaga presa per il culo.

Ne parleremo. Qui vogliamo solo elencare le commissioni più comuni.

Una seconda, classica, commissione è quella sulla gestione stessa del portafoglio.

Alle spalle di ogni fondo di investimento c’è tutta una struttura che dà lavoro a parecchie persone.

Non c’è solo chi gestisce il fondo. Questa è solo la punta visibile dell’iceberg.

I gestori, senza eccezioni, si credono divinità scese in terra a cui manca solo il potere di guarire i malati e far vedere i ciechi. Sembrano dimenticarsi che le loro attività di compravendita non sarebbero possibili senza tutta una serie di persone che fanno il lavoro sporco per loro.

Sistemi informatici, amministrazione e contabilità, questioni legali, manutenzione dell’edificio dove si svolge l’attività, venditori che cercano di piazzare i fondi a chiunque voglia investire, riscaldamento, elettricità, assicurazioni e, ovviamente, tasse.

Ci sono, insomma, tutta una serie di costi da sostenere e stipendi da pagare indipendentemente da come vada il mercato. Gli impiegati devono poter vivere anche negli anni di magra.

La commissione sulla gestione ci sta. Se uno non esagera.

Le commissioni, però, non finiscono qui.

Ce ne sono a bizzeffe al punto di intorbidire le acque e, nel torbido, si pesca bene.

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L’ingrediente segreto per fare profitto

Se il pezzo che segue dovesse piacerti, per favore spargi la voce.

La Spizzi alloca i soldi dei propri clienti quasi esclusivamente in fondi d’investimento.

Lo facciamo perché in questo modo riusciamo a massimizzare il nostro profitto. Non ci sono altre motivazioni. Facciamo più soldi girando i soldi degli altri a gestori (meglio se non bravissimi) di fondi di investimento.

Il possibile guadagno che può fare il cliente è assolutamente secondario. Il cliente deve guadagnare quel minimo necessario per non farlo scappare. Tutto il resto deve venire a me.

Il metodo migliore è trovare il gestore che possa permettere alla Spizzi di fare il maggior profitto.

Un gestore che risponde a queste caratteristiche, come vedremo, non è un gestore bravissimo. Spesso, anzi, è scarsino.

Ovviamente, quello che finiamo per dire ai clienti è un po’ diverso.

La tiritera che usiamo per giustificare la nostra politica d’investimento è questa: “Un fondo garantisce una buona diversificazione… bla, bla, bla”, “anche un piccolo investimento dà accesso non ad un singolo titolo, ma, spesso, a centinaia… bla, bla, bla”.

Non fatevi ingannare dall’ironia sottostante. Il ragionamento ha delle basi solide, anche se poi non racconta tutta la verità sui fattori che ci fanno scegliere un fondo piuttosto che un altro.

La diversificazione è imprescindibile da ogni investimento che voi vogliate fare.

Voi, folli, potreste anche scegliere di investire in singole obbligazioni o azioni. Sbagliereste.

La cronaca è piena di storie che illustrano senza ombra di dubbio, perché questa sia una pessima idea.

La Parmalat fallisce e tutti, ma proprio tutti ci perdono soldi. Se i vostri risparmi erano tutti investiti in azioni Parmalat voi avete perso tutto.

Se le vostre azioni Parmalat erano una componente di un portafoglio dove pesavano il 3 per cento, voi avete perso il tre per cento.

Triste.

Ma non un dramma.

La stessa cosa puo’ succedere con le obbligazioni.

Pensate che le obbligazioni siano piu’ sicure? Dipende sempre da chi le emette.

Il governo Argentino è fallito in più occasioni: è un po’ un hobby per quel governo. C’è che gioca a golf e chi non paga i suoi debiti. I gusti sono gusti.

Esattamente come per le azioni Parmalat, se i vostri risparmi erano stati usati per comprare obbligazioni argentine, li avreste persi. Punto.

Avreste potuto versare tutte le lacrime amare di questo pianeta, ma i vostri soldi non sarebbero tornati o riapparsi per magia.

Se aveste investito in un fondo che compra obbligazioni da tutto il mondo avreste perso solo una frazione del vostro investimento.

La diversificazione è la cosa migliore che un fondo possa garantire.

Al di là di tutte le scemate che vengono scritte per cercare di vendere un fondo, la diversificazione è senza dubbio uno dei grandi pregi. Paradossalmente, non viene quasi mai menzionata. Questo perché la diversificazione serve a contenere le perdite, ma mette un freno anche ai possibili profitti. Nessun gestore che si rispetti menzionerebbe il fatto che sta mettendo dei freni ai vostri profitti, anche se è per il vostro bene.

Non sono palle. La diversificazione è fon-da-men-ta-le.

Questo fatto innegabile non può nascondere un secondo fatto altrettanto innegabile: noi non investiamo i vostri soldi per proteggere i vostri risparmi o per far fare soldi a voi.

Noi investiamo i vostri soldi per garantirci un profitto. Il modo in cui ci garantiamo questo profitto è attraverso le commissioni ed i fondi di investimento sono macchine per creare commissioni.

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Le quattro domande fondamentali per gestire i soldi degli altri

Se il pezzo che segue dovesse piacerti, per favore spargi la voce.

Come investire i soldi degli altri?

Un discorso onesto deve partire dall’ammontare di rischio che un cliente è disposto ad affrontare.

Il miglior modo di contenere il rischio passa attraverso la diversificazione: mai mettere tutte le uova nello stesso paniere.

Oltre alla diversificazione, si devono considerare le situazioni contingenti. Investire nell’Italia di Salvini e Dimaio, probabilmente non è una buona idea. Meglio aspettare che rovinino l’economia e comprare a prezzi più bassi.

Queste e tante altre sono tutte considerazioni valide che chiunque sta considerando un investimento dovrebbe tenere presente.

Tenere conto di tutto è impossibile, anche per i più esperti. Un imprevisto può scombussolare i piani pensati dagli esperti. Per uno che esperto non è, poi, c’è sempre il rischio di perdersi in un labirinto di domande senza una facile risposta.

Bisogna saper riconoscere i propri limiti. Se non si capisce in cosa si sta investendo, è meglio non metterci i propri soldi.

Bisogna essere onesti con se stessi. Si deve avere molto chiaro in testa quelli che sono gli obiettivi.

La domanda fondamentale per un fiduciario è: cosa si vuole ottenere investendo i soldi degli altri?

Personalmente, preferisco tenere le cose semplici.

Negli anni, un po’ come per tutti i miei colleghi, il mio metodo per investire i soldi degli altri (i vostri soldi) si è concretizzato intorno a quattro semplice domande.

A queste domande io devo essere in grado di rispondere in modo chiaro. Non ci devono essere dubbi.

Ogni volta che mi trovo di fronte ad una possibile decisione di investimento mi impongo di rispondere alle miee quattro domande.

Senza eccezioni.

Bisogna essere molto disciplinati quando si investono i soldi degli altri.

Le quattro domande sono:

  1. Io quanto ci guadagno?

  2. Io quanto ci guadagno?

  3. Io quanto ci guadagno?

  4. Il cliente quanto ci guadagna?

Uno potrebbe aggiungere una postilla a queste quattro condizioni: siamo sicuri che, se guardiamo un po’ più a fondo la Spizzi non riesca a guadagnarci ancora un po’.

La Spizzi alloca i soldi dei propri clienti quasi esclusivamente in fondi d’investimento con lo scopo di massimizzare il proprio guadagno. Quello del cliente è secondario. Un minimo bisognerà darglielo.

L’arte del fiduciario sta nel capire dove si trova quel minino. Se il cliente non guadagna abbastanza, potrebbe anche andarsene. Se guadagna oltre quel minino, il profitto della fiduciaria potrebbe risentirne.

Il guadagno del cliente deve essere vincolato dal guadagna della Spizzi. Il cliente non può fare soldi (con i suoi soldi) a spese mie.

Ci mancherebbe.

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Gestire i soldi degli altri

Se il pezzo che segue dovesse piacerti, per favore spargi la voce.

Complimenti!

Avete fatto il vostro lavoro. Avete messo in piedi la vostra fiduciaria. Vi siete procurati i clienti.

Stupendamente, questi clienti vi hanno girato un ammontare di denaro non indifferente.

E adesso?

Che si fa?

Dove mettiamo tutti quei soldi?

Quali sono i criteri a cui far riferimento per far fruttare tutto quel po’ po’ di ricchezza non nostra.

Come trattiamo i soldi degli altri?

Alcuni punti sono chiari:

1. I nostri clienti ci pagano per tenere nascosti i loro denari dal fisco. Questa è, non bisogna mai scordalo, la loro motivazione principale. È la cosa che bisogna sempre ricordare: i nostri clienti sono, in buona sostanza, dei criminali e non vogliono farsi prendere dalle autorità costituite.

2. Ai clienti non dispiacerebbe avere un rendimento, anzi gli farebbe parecchio piacere. Dal loro punto di vista, lo Stato a cui hanno sottratto le tasse non deve essere solo cornuto, ma anche mazziato.

Assolto il problema uno (nascondere il denaro), rimane il problema due: dove investire.

Il mondo è pieno di teorie, suggerimenti, metodi che NON possono fallire sul come ottenere il massimo rendimento dai propri investimenti.

Esistono migliaia e migliaia di pubblicazioni generose nel dispensare istruzioni sul cosa fare sul come farlo.

Grandi e piccoli quotidiani non rinunciano mai ad un qualche articolo dove suggeriscono ai loro lettori il modo migliore di investire i loro risparmi.

Di fronte a tutti questi consigli generosi e gratuiti, uno può sempre chiedersi come mai questi geni della finanza non mettono mai in pratica i loro metodi, non diventino mai super milionari e non la piantino di pubblicare suggerimenti inutili.

La verità è che, se esiste una verità nei metodi per fare profitti sui mercati finanziari, è che quando una persona od una società ne ha scoperto uno, se lo tiene ben segreto e lo usa finché altri si rendono conto di quello che sta facendo e lo cominciano a copiare.

Potete stare certi che quei metodi che funzionano, che veramente rendono del denaro, non li troverete disponibili gratuitamente su internet o da quache altra parte.

Nel miglior dei casi troverete suggerimenti, punti da considerare.

Nessuno pubblicherà mai i dettagli tecnici sul cosa e come fare. Quei particolari non sono disponibili. Se cercate un manuale per fare soldi, smettete adesso: non esiste.

Non si tratta solo di comprare questa azione piuttosto che questa obbligazione e aspettare che i soldi comincino a pioverci addosso. Si tratta di capire cosa comprare, quanto comprare, quando comprare, per quanto tenererlo, cosa osservare per decidere quando vendere. Tutta una serie di domande la cui risposta è tutt’altro che evidente.

Non bisogna poi dimenticare una costante del mondo finanziario: maggior rendimento significa maggior rischio. Il prezzo di un grande profitto potenziale è una maggiore probabilità di perdere soldi.

Come si procede quando si è responsabili dei soldi degli altri. È una domanda che tutti i fiduciari si pongono. Paradossalmente, ci diamo tutti la stessa risposta.

Ne parleremo.

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Come investire i soldi degli altri

Se il pezzo che segue dovesse piacerti, per favore spargi la voce.

Stabilità e discrezione.

Sono due grandi qualità che un qualsiasi direttore di fondo puo’ e deve apprezzare.

La stabilità gli garantisce che i soldi investiti presso il suo fondo rimarranno lí per un po’. Questo lo aiuta a gestire la cassa e la composizione del portafoglio. Se so che l’investitore non scapperà, posso investire in titoli magari meno liquidi (quindi più difficili da rivendere sul mercato) ma più redditizzi.

Non c’è bisogno di soffermarsi sull’importanza della discrezione.

Una fiduciaria puo’ garantire entrambe le cose.

Per un prezzo.

Tranquilli: è negoziabile.

Ambrosetti era un grande delle negoziazioni. Per quel che è la mia esperienza personale: il piu’ grande. Avrebbero dovuto fargli una statua.

Su cosa si negozia? Sulla spartizione dei pani e dei pesci ovviamente. Chi si attribuisce quale commissione e in quale percentuale.

Un fondo genera almeno una dozzina di commissioni diverse. Ce n’è per tutti i gusti e, voglio assicurare i miei cinque o sei lettori, ne parleremo a lungo più avanti. Qui, basta soffermarsi sul fatto che per chi gestisce un fondo, principalmente, due sono le commissioni che generano la maggior parte del suo profitto: quella di gestione e quella sui profitti.

Come ho detto, ce ne sono parecchie altre, ma la maggior parte del denaro viene da quelle due.

Teoricamente il fiduciario dovrebbe ricevere una commissione a sè stante, calcolata sugli investimenti, le masse, il denaro che porta in un certo fondo.

Quindi, se io fiduciario sposto 100 mila euro di soldi di un mio cliente su un certo fondo, mi spettano delle commissioni. Ci sta. Ha senso.

Teoricamente dovrei anche accontentarmi di quelle commissioni.

Teoricamente.

Il fiduciario, però, è soprattutto un uomo pratico. Soprattutto quando si parla di soldi.

È il classico caso dove la teoria viene lasciata ai legislatori. Lasciategli scriveri articoli solenni e giusti. L’importante è che siano facilmente aggirabili.

È chiaro, persino intuitivo, che nessuno si accontenterà di avere solo una commissione, quando ne sono a disposizioni altre. Tutti cercheranno sempre di tirare più acqua possibile al proprio mulino. È così che faccio il mio profitto. Non mi potete biasimare.

Quando gestore e fiduciario si incontrano, un po’ di tira e molla sulla commissione di gestione è dato per scontato. Persino atteso.

Pensate a quei mercati rionali sempre più rari dove un certo ammontare di discussioni sul prezzo è atteso e pure gradito.

Fiduciari e gestori sono protettori di un’arte, quella del negoziato, che va scomparendo. Dovrebbero darci una medaglia.

In altre parole io, per aprire le borse dei miei clienti, chiedo di essere pagato di più.

Il metodo consueto consiste nel prendermi la mia solita commissione a cui aggiungo una percentuale della commissioni di gestione. Il legislatore non approva accordi del genere, quindi si cerca sempre un qualche escamotage. Gattopardescamente, la forma cambia, il risultato no.

Maggiore la percentuale della mia commissione, maggiore la mia felicità, più consistenti le masse che io investo in un fondo. L’equazione é molto semplice: più vengo pagato, piu’ investo i soldi dei miei clienti: i vostri soldi.

Notate come la bontà del fondo (quanto rende) non entra nemmeno nella discussione.

Se i fondi non sono proprio i migliori sul mercato, se non rendono tantissimo, se sono vagamente oscuri nelle loro politiche di investimento, se il gruppo di gestori è, ad essere generosi, mediocre… non è un problema. Anzi…

Se un fondo è profittevole, la maggior parte di questo guadagno andrà all’investitore, cioé al mio cliente, ed al gestore del fondo stesso. A me viene solo una piccolissima parte. La componente principale delle mie decisioni di investimento dei soldi degli altri è cosa ci guadagno io. Che, se ci pensate, è anche il metodo che preferisco seguire quando investo i miei soldi personali. Ci devo guadagnare sempre io, indipendentemente da chi sia il proprietario effettivo del denaro. È tutto molto coerente.

Per riassumere:

1. di quel che guadagnano i miei clienti mi interesso relativamente.

2. Se il fondo mi paga bene e porta pure a casa pure dei risultati, siamo tutti felici.

3. Se il fondo non rende molto ai cliente, ma paga extra commissioni, va bene lo stesso, perché io sono felice.

4. L’importante è che io sia felice.

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Il rapporto simbiotico tra fondi e fiduciari

Se il pezzo che segue dovesse piacerti, per favore spargi la voce.

Quando si devono investire i soldi dei propri clienti, un fiduciario non guarda necessariamente ai fondi di investimento con un buon rendimento.

I frutti dell’evasione fiscale altrui devono, prima di tutto, garantire un buon profitto al fiduciario e alla sua impresa.

Ambrosetti non investiva quasi mai in fondi che rendevano.

Fondi che creano profitti per i propri investitori, tendono a rendere meno alla fiduciaria. Gestori capaci vuol dire anche gestori che non sono disposti a negoziare sulla ripartizione dei pani e dei pesci.

Un fiduciario che si rispetti, preferisce avere a che fare con gestori con i quali è in grado di negoziare.

Tra fiduciari e gestori, soprattutto gestori mediocri, esiste un legame simbiotico costruito intorno alla raccolta di capitali. Ad un piccolo gestore risulta difficile se non ostico raccogliere grandi quantità di capitale.

Chi gestisce piccole quantità di capitale non è conosciuto da molti.

Di solito dei piccoli gestori non ci si fida. Gli manca un marchio di fabbrica. È un po’ come essere in una città forestiera in un paese forestiero. Si finisce per mangiare da McDonald. Non ci si fida dello strano, apparentemente sporco, ristorante locale.

Molte banche non cominciano ad investire in un determinato fondo che non sia loro, fino a quando questo non raggiunge almeno i 100 milioni di euro di masse, cioè fino a quando non si è fatto un nome e costruito una reputazione.

Dovesse poi raggiungere la fatidica soglia dei 100 milioni, non è detto che la valanga di soldi che una banca potrebbe girare sul suo fondo, vada completamente a genio a chi si occupa del fondo.

Intendiamoci, un gestore non si strapperebbe le vesti e sputerebbe in faccia all’intermediario della banca, ma un investitore che diventa troppo importante per il fondo, troppo preponderante, potrebbe portare a dei problemi.

Immaginatevi di avere un’impresa che dipende quasi esclusivamente da un solo cliente. Pensate ad una una piccola azienda che fornisce un circuito elettrico alla FIAT e solo alla FIAT. Se la FIAT cambia fornitore o circuito, la piccola impresa è rovinata.

Situazioni simili (con conseguenze simili) possono succedere anche nel mondo della gestione dei fondi.

Se la maggior parte dei tuoi soldi arrivano da un’unica fonte, dipendi interamente dagli umori di quella fonte. Un lavoratore dipendente si trova in una situazione molto simile. La sua fonte di reddito non è diversificata. Dipende interamente dal suo datore di lavoro. Se la compagnia per cui lavora affonda improvvisamente, anche il dipendente rischia di affondare (se non trova un altro posto di lavoro alla svelta).

Se il vostro fondo di gestione dipende per la raccolta del denaro da una fonte principale, voi ed il vostro fondo siete nella mani di questa fonte.

In una banca gli umori possono cambiare a seconda di chi prende le decisioni d’investimento. Le banche hanno spesso migliaia di dipendenti. Questi dipendenti fanno carriere. Almeno alcuni. Il fatto rimane che la gente cambia posizione, cambia lavoro. Quella persona che aveva messo 100 milioni sul tuo fondo, adesso fa un’altra cosa. La nuova persona che si occupa del tuo fondo è molto simpatica e molto gentile, ma ha idee diverse sul come usare quei soldi che voi stavate gestendo. Da un giorno all’altro, ritira tutti i soldi.

Improvvisamente il piccolo gestore, che fino ad un momento prima nuotava in un mare di soldi, si trova a nuotare in un mare di merda.

Noi fiduciari siamo tutta un’altra cosa. Non siamo banche. Non siamo i pesi massimi del quartiere. Siamo spesso gente del posto, quelli che incontri al bar, quelli con cui discuti di figli. I gestori della zona li conosciamo da anni. Ne apprezziamo le qualità (o la loro mancanza di qualità) e siamo consapevoli dei loro difetti.

È vero: non siamo in grado di muovere tutti quei soldi che una banca puo’ tirare fuori, ma possiamo garantire una certa stabilità.

Se decidiamo di spostare dei capitali sul vostro fondo, potete stare sicuri che quel denaro rimarrà li’ per periodi anche molto lunghi. Se, malauguratamente, ci trovassimo nella condizione di dover ritirare il nostro investimento, vi avvertiremmo con un certo anticipo.

Niente sorprese. Si dà a tutti il tempo di adattarsi alla nuova situazione.

In più, a parte in alcuni casi, certamente non desideriamo possedere un intero fondo. Ci piace la diversificazione. I soldi dei nostri clienti li mettiamo un po’ qui ed un po’ la. Non siamo molto ingombranti.

Non siamo rumorosi.

Potreste riassumere il rapporto di una fiduciaria con un fondo in due parole: stabilità e discrezione.

Queste cose hanno un prezzo.

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